Molti di voi ci hanno scritto chiedendoci come mai, avendo ricevuto una mail dagli Alieni e appiccicato un post su di un blog, io non scarichi musica da internet, piuttosto che richiederla a terrestri ed alieni.
Risposta: "... ehm ... allora ... eeeehhh ... mmh ..."
Risposta seria: "perché sono un feticista del consumistico mercato musicale. Ho sempre pensato che la musica scaricata da internet fosse la migliore vetrina per imparare a conoscere nuova musica, ma se l'ascolto di più di 4 brani di un medesimo album supera le 10 volte, è un dovere dell'ascoltatore premiare l'autore con il dovuto contributo. E poi perché mi piace l'odore del booklet, perché adoro sapere chi diavolo suoni quell'organetto in quel passaggio di quella canzone, se gli 311 vengano ringraziati dall'ennesimo gruppo californiano e se il testo che ho capito sia veramente il testo della canzone."
E quindi attendo con impazienza la musica che gli alieni mi hanno promesso e il fattorino in viaggio dalla terra con il resto della mia roba.
Per ora, recensisco a memoria il primo album del mio gruppo preferito: gli Weezer.
Minimale copertina e contenuto, la bellezza sta nelle cose semplici, ed un album semplice ma speciale, è il meglio che ci si possa aspettare.
Le canzoni scorrono una dopo l'altra come fossero una sola, come fosse giusto che alla precedente seguisse quell'accordo, quel cantato, quella melodia e quell'idiozia. Sì, perché di primo acchito l'album può sembrare un simpatico contributo alla discografia mondiale, né più né meno di un sassolino, non una pietra miliare. E invece ...
My Name is Jonas è l'ingresso al capolavoro, introduce chi ascolta (e sente) al suono che caratterizzerà l'album ed il lavoro degli Weezer in generale. Salta da piano a forte con il dovuto preavviso e racconta di strampalate (e metaforiche) imprese di Jonas.
No one else è la canzone più maschilista che esista (rima trucida, lo so), ma è insito nella melodia il fatto che sia ironica, guardando in faccia Rivers Cuomo, poi, è facile comprendere quali paranoie abbiano crivellato il suo cervello nell'età adolescenziale (leggi: non ha battuto chiodo per anni).
The world has turned and left me here è una nostalgica e lenta ballata, che rinnova quel suono marcio alla Pixies che contraddistingue il gruppo, chitarra grossa, ma malinconica, accordi semplici, ma diretti al cuore; è da ascoltare con la testolina inclinata e gli occhi verso il soffitto.
Per quanto riguarda Buddy Holly, invece, tutti conoscono il video, nessuno si ricorda di averlo apprezzato, nessuno ha in testa il nome del gruppo e men che meno il nome della canzone. È l'unica canzone che sembra differire dalle altre, molto festaiola e frivola, ma entra in testa che è una meraviglia.
Il secondo singolo è stato Undone - the sweater song, ed ha aiutato il mondo a capire la strategia di questo gruppo. Primo singolo popolare, secondo singolo una canzone senza capo né coda, con gente che parla su un piccolo arpeggino, pianoforti aperti e suonati con un ferro, immancabili falsetti del primo e indimenticabile bassista. Strano forte come singolo, ma ci si affeziona in fretta.
Surf Wax America sveglia su gli animi, canzone californiana che come motto ha "tu prendi la tua macchina per andare al lavoro, io il mio surf, e quando tu rimani senza benzina io sono ancora sulla cresta dell'onda" ... ghiea!! Ammericàn'ahò.
E poi arriva Say it ain't so, introspettiva e struggente, personale e condivisibile, terribile e perfetta. Canzone sul padrino di Rivers, un po' ubriacone ed un po' rude, una sorta di richiesta di affetto, un'ammissione di non colpa. Un'altra riprova che l'intero album è dal cuore per il cuore-anima-cervello di chi lo dovesse ascoltare.
In the Garage fa riprendere con la calma e la dolcezza le redini dell'album, una canzone da "sfigato" che non può che far sorridere e dondolare il corpo.
E poi l'apoteosi.
Holiday è semplicemente la canzone migliore al mondo da cantare a squarciagola. Ammettetelo, anche voi da gggiovani siete andati in giro in motorino, in bici o in macchina a gridare la canzone che più vi scalda il cuore. Ecco, consigliate a qualsiasi quindicenne di impararsi il testo di questa canzone, fatelo cuocere a fuoco lento dietro una ragazzina caruccia, attendete la piena cottura sino all'arrivo del bacio e fategli inforcare il mezzo di locomozione che più gli aggrada. Contate mentalmente sino a 12 ed al primo rettilineo sgombro lo sentirete urlare "let's go away for a while, you and i, to a strange and distant land ....", mentre sbanda e rincorre rondini.
Per chiudere l'album ci son 7 minuti e un po' di Only in dreams, una piccola odissea con un basso che rema e porta in giro voci e strumenti in crescendo e silenzi che ricordano davvero i sogni strampalati che si fanno.
Insomma, un disco indispensabile, per chi, come me, lo dovesse amare, ma anche per chi volesse semplicemente regalarsi una quasi ora di svago.
Da ricordare, però, che esistono più livelli d'ascolto e che si può apprezzare la semplice spensieratezza del suono, come la profonda compassione dei testi, la stupida goliardia dei pezzi ed il sentimento che pervade l'intero lavoro.
Chiedo scusa per l'infinito post, chiedo scusa per il mio essere, forse, troppo di parte, ma finché non potrò apprezzare di nuovo il piacere di SENTIRE la musica, dovrò andare a memoria.