Piccola premessa a questa recensione: conosco i Baustelle dai tempi delle loro prime apparizioni nel 2000, da Red Ronnie. Sono, insomma, uno dei tanti che dice correttamente Baustelle e non Baustèl. Settimana scorsa alla Feltrinelli di piazza Piemonte, a Milano, l'album Amen era esaurito. "Spazzolato in mezza giornata", mi ha detto il commesso: prometto che questa recensione non risentirà nè del mio essere in qualche modo fan del gruppo, nè della latente amarezza di vedere un gruppo amato da anni diventare una band alla moda, di cui parlare fuori dal Plastic citando i versi di un singolo piacione per ragazzini. Giurin giurella.
Italo Calvino, nelle Lezioni americane, elogiò le doti della leggerezza come elemento indispensabile nella letteratura per trionfare sulla pesantezza del vivere. Se la strada indicata da Calvino fosse un senso unico, obbligatorio per chiunque si dedichi a qualunque forma di arte, probabilmente ci troveremmo tra le mani molti più capolavori e sui polsi molte meno cicatrici. Chissà. Non che l'ultimo album dei Baustelle sia poi così pesante, che sia chiaro: ci sono i Radiohead ed Eddie Vedder a mostrarci da anni che c'è ancora molto margine per fare di peggio, e li ringrazio anche per questo.
Certo è che anche dopo una ventina di ascolti Amen non riesce a togliermi l'impressione fastidiosa che ho avuto subito: quella di non trovarmi di fronte all'abituale mondo noir cantato dai Baustelle dall'interno di esso, con la prospettiva di chi il male lo incarna e lo vive con cinismo e un po' di follia. L'oscurità e il male cantati in Amen sono invece mostrati dall'esterno, sono descritti, sono in qualche modo giudicati dalle voci di Francesco Bianconi e di Rachele Bastreghi.
Questa prospettiva censoria si riflette inevitabilmente anche sulla musica: non trovo, purtroppo, le aperture melodiche solari e a tratti quasi trionfali che rendevano i lavori precedenti divertenti all'ascolto superficiale, oltre che interessanti a quello più attento. Trovo invece esercizi di stile (lo stacco poliziesco di Ethiopia, il geghegè di Panico!, il pop chitarristico di Charlie fa surf...) e il riprorsi ossessivo della struttura strofalenta/ritornellocheesplode. Probabilmente, inoltre, si fa sentire l'assenza di Fabrizio Massara, tastierista dai suoni vintage che ha lasciato il gruppo alla fine delle registrazioni di La malavita, tre anni fa.
Arrivati a questo punto, la mia recensione potrebbe apparire una stroncatura di Amen. Non è così. Il genio compositivo di Bianconi, la voce di Pastreghi e una sapiente produzione artistica rendono questo album una raccolta di canzoni di livello altissimo, acqua da bere a piene mani nel deserto musicale italiano degli ultimi anni.
Fosse anche solo per il brano Alfredo, ispirato alla tragedia di Alfredino Rampi, che precipitò in un pozzo a Vermicino. Un delicato valtzer racconta di come Dio avesse deciso di mostrare in quel modo la morte ai personaggi dell'Italia di quegli anni, ai Forlani, le BR, Platini, Woitila, la P2; il verso "Padre nostro con la terra in bocca non respiro la tua volontà" è il punto più alto del cd.
Tra le 15 tracce segnalo anche L., brano caratterizzato da passaggi strumentali che, soprattutto per l'uso dei fiati, mi ricorda i Pink Floyd di Atom Heart Mother, e la variegata Baudelaire, che inizia come un perfetto brano in stile Raffaella Carrà per approdare poi alla psichedelìa regalando in più di sei minuti alcuni pregevoli versi (uno su tutti: "Datti al giardinaggio dei fiori del male").
Mi è poi difficile parlare di L'aeroplano, pezzo totalmente cantato da Rachele. E' una splendida canzone, intensa, emozionante. Potrei definirla perfetta. Peccato sia troppa la vicinanza agli alberi di quel capolavoro de La canzone del parco del Sussidiario illustrato della giovinezza, album di esordio del gruppo nel 2000. La vicinanza è troppa, e senza originalità non c'è perfezione.
Concludo questa recensione ricordando un'intervista di due anni fa nella quale Bianconi ammise di aver scritto Il corvo Joe immaginandola cantata da Adriano Celentano. Il mio timore è che la direzione sia quella: Dio ci salvi dai predicatori e ci restituisca i Baustelle più leggeri!